L’inverno era arrivato all’improvviso. In una sola notte la neve aveva
ricoperto come un bianco e freddo sudario tutto il bosco. Gli animali, che fino
a qualche giorno prima lo avevano popolato e reso vivo, erano spariti nel
tepore protettivo delle loro tane. Uno scenario immacolato e inanimato che
attendeva una nuova primavera. Soltanto un piccolo coniglio si aggirava,
smarrito, in quel freddo deserto: la sua giovane età e l’inesperienza lo
avevano reso imprevidente. Adesso batteva i suoi dentoni per il freddo pungente
che, come mille gelidi aghi trapassavano la sua pelliccia e affondavano nelle
sue tenere carni. Lo sconforto e la paura lo assalirono. Che poteva fare? Chi
avrebbe potuto aiutarlo in quel gelido deserto? Il suo grido disperato ruppe
quel silenzio ovattato.
Uno stormo di nere cornacchie, appollaiate sui rami spogli di un
centenario castagno, udì il suo pietoso lamento e scorsero, nella neve, quel
batuffolo di pelo candido. Uno sguardo d’intesa e silenziosamente planarono
nella sua direzione.
-
Perché ti lamenti
- chiese la più anziana di loro
-
Non ho una tana,
un rifugio dove passare l’inverno e…sto gelando
-
Benedetta e
irresponsabile gioventù – commentò un’altra
-
Vi prego,
aiutatemi o morirò, altrimenti
Il nero consesso si raccolse in cerchio: cra, cracracra, cra; la
discussione era piuttosto animata,
Ognuno proponeva la sua soluzione. Alla fine si raggiunse un accordo.
-
Ascolta, coniglio
- riprese la più anziana - una soluzione ci sarebbe, ma devi essere pronto a
tutto.
-
Si, qualsiasi
cosa pur di fermare i morsi di questo gelo – rispose il coniglio.
-
Bene, l’unica
cosa che possiamo fare per scaldarti è quella di usare i nostri escrementi: ti
ricopriremo interamente, in modo tale che il loro calore ti dia conforto.
E così fecero; una per volta, le cornacchie depositarono sulla sua
pelliccia ognuna il proprio contributo. Il sollievo, per il coniglio, fu
immediato: il sangue prese a scorrere veloce nelle sue piccole vene e i suoi
teneri muscoli reagivano ad ogni stimolo. Si sentiva rinato, saltava per la
gioia. Ringraziò e corse via.
Ma, si sa, il calore si disperde velocemente e ben presto quella calda
coperta si trasformò in una fredda e fastidiosa crosta. Assalito nuovamente dal
gelo e dal fastidio che gli procurava quella rigida coltre, riprese il suo
lamento con ancora più forza.
Questa volta ad udire il suo appello fu una volpe. Con il suo fiuto
infallibile e la sua vista acuta, seguì le tracce, fino a trovarlo, sporco e
infreddolito, tra le radici emerse di una quercia.
- ma come sei ridotto,
coniglio, dove sei finito?
E il coniglio raccontò la sua storia, supplicandolo di toglierlo da
quella situazione.
La volpe, premurosa, cominciò a raschiare via, con le sue unghie,
quell’ignominiosa e ruvida corazza. Fece un lavoro ben fatto, il pelo candido
riemerse pian piano da sotto lo strato indurito. Il coniglio ebbe appena il
tempo di dire: grazie! E la volpe lo azzannò e lo mangiò.
MORALE
NON SEMPRE CHI TI TOGLIE DALLA
MERDA LO FA PER IL TUO BENE
di Pippo Donato
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